Il Piano Operativo della sicurezza (POS)
Il piano operativo di sicurezza (POS) è una relazione tecnica che viene redatta dal datore di lavoro dell’impresa esecutrice. Obiettivo del Pos è quello di descrivere le attività da compiere e le misure di sicurezza (organizzative, procedurali, tecniche). Il POS è parte integrante del PSC e ne rispetta i contenuti.
GIURISPRUDENZA: In tema di prevenzione degli infortuni, il legale rappresentante della società appaltatrice che omette di trasmettere al coordinatore per l’esecuzione dei lavori i piani operativi della sicurezza relativi alle imprese affidatarie delle opere in regime di subappalto, dopo averne verificato la congruenza rispetto al proprio, risponde dell’illecito amministrativo di cui agli art. 101 e 159, co. 2, lett. d), D.Lgs. n. 81 del 2008 e non del reato previsto dagli art. 97 e 159, co. 2, lett. c), del citato D.Lgs., atteso che quest’ultimo sanziona la condotta di mancata verifica della congruenza dei piani operativi di sicurezza delle imprese rispetto al proprio, anteriormente alla trasmissione degli stessi, mentre il primo presidia l’inadempimento dell’obbligo meramente esecutivo dell’invio dei documenti. (Cassazione penale, sez. III, 08 gennaio 2015, n. 5172).
Nel POS, invece, equiparato al DVR della singola impresa, vanno indicate le misure preventive e protettive normalmente predisposte dall’azienda: trattandosi di scelte obbligato rie per legge, non verrà riconosciuto alcun costo dalla stazione appaltante.
Per le opere rientranti nel campo di applicazione del Codice degli appalti pubblici senza obbligo di redazione del PSC, le amministrazioni appaltanti, tra i costi della sicurezza, stimano quelli delle misure preventive e protettive finalizzate alla sicurezza e salute dei lavoratori in riferimento alla durata delle lavorazioni previste nel cantiere.
Nel Regolamento si chiarisce come la stima debba essere congrua, analitica e per singola voce (a corpo o a misura), riferita a elenchi prezzi standard o specializzati, oppure basata su prezziari o listini ufficiali vigenti nell’area interessata, o sull’elenco prezzi delle misure di sicurezza del committente, sempre considerando la ‘specificità’ del cantiere, affinché la stima dei costi corrisponda alle opere da realizzarsi descritte nel PSC e non a un semplice computo economico di opere provvisionali generiche.
L’importo così individuato costituisce il ‘costo della sicurezza’ previsto nel PSC per l’opera, non assoggettabile a ribasso nelle offerte delle imprese.
Nel confermare l’indirizzo interpretativo delle Linee Guida del 2006, per un verso, l’Autorità di Vigilanza ha precisato che l’elenco dei ‘costi della sicurezza’ in presenza di PSC sia tassativo, in quanto la norma non lascerebbe margini per integrare o ridurre lo stesso elenco, in sede applicativa; per un altro, ha distinto tra i costi della sicurezza ‘contrattuali’ (a cui l’impresa è vincolata, in quanto previsti nel PSC per lo specifico cantiere) e quelli ‘ex lege’ (che non sono oggetto del PSC e che l’impresa è obbligata a sostenere per l’esecuzione in sicurezza di ogni singola lavorazione compresa nell’appalto).
In riferimento agli oneri relativi al POS che, al pari di quelli relativi al PSC e al PSS, vanno evidenziati nei bandi di gara e non sono soggetti a ribasso d’asta, le Linee Guida hanno fornito un’interpretazione poco condivisibile, secondo cui non competerebbe alla stazione appaltante stimarne analiticamente l’importo, ma solo “evidenziarli nei bandi di gara”. Spetterebbe, invece, alle singole imprese concorrenti effettuarne la stima analitica estrapolandoli dal costo delle singole lavorazioni ed escluderli dal ribasso in sede d’offerta. In sintesi, le stazioni appaltanti sono tenute a verificare la congruità delle offerte delle imprese con riguardo ai costi di sicurezza, per accertare la corretta valutazione della quota relativa alla sicurezza e la non assoggettabilità al ribasso.
Con la Determinazione del 2006, in disaccordo rispetto a questa linea interpretativa, si è chiarito come spetti alla stazione appaltante verificare che il ribasso prospettato nell’offerta dell’aggiudicatario lasci inalterata la sicurezza ex lege; tale verifica potrà essere effettuata nei confronti della/e successiva/e offerta/e, nel caso in cui l’offerente primo classificato non riesca a dimostrare la congruità del suo ribasso. In altri termini, la stima dei costi della sicurezza è un adempimento esclusivo della stazione appaltante, per determinare il corrispettivo della prestazione, oggetto del contratto d’appalto. L’impresa, quindi, non può provvedere o partecipare a definire la parte del prezzo da escludere dal ribasso d’asta (p. es., con l’individuazione dei costi derivanti dal POS o dal PSS): tanto è vero che il d.p.r. n. 222, tra i contenuti minimi rispettivamente del PSS e del POS, non prevede la stima dei relativi costi.
Secondo l’Autorità, tuttavia, ciò non esclude che l’impresa possa influenzare la determinazione del costo della sicurezza, attraverso le modifiche proposte al PSC, purché tali modifiche siano approvate dalla stazione appaltante. Quindi, dopo che la stazione appaltante, attraverso il coordinatore per la progettazione, ha calcolato i costi della sicurezza nel PSC, l’impresa aggiudicataria potrà presentare in sede di POS proposte di adeguamento del PSC in rapporto alla propria tecnologia e organizzazione di cantiere e, di conseguenza, anche dei relativi costi di sicurezza, già calcolati dalla stazione appaltante, purché tali modifiche migliorino la sicurezza dei lavoratori. Nel valutare le proposte dell’impresa aggiudicataria, l’amministrazione può modificare la stima dei costi della sicurezza effettuata in sede di PSC, con parziali e limitate variazioni, anche in detrazione.
La soluzione interpretativa proposta dall’Autorità, in realtà, contrasterebbe con la volontà del legislatore del t.u. che, nel consentire all’impresa aggiudicataria di presentare proposte di integrazione al PSC, qualora ritenga di poter garantire meglio la sicurezza nel cantiere sulla base della propria esperienza, esclude che le eventuali integrazioni proposte al coordinatore per l’esecuzione “possano giustificare modifiche o adeguamento dei prezzi pattuiti”.
Per gli appalti pubblici di servizi e forniture, secondo l’Autorità di Vigilanza, i costi della sicurezza relativi all’attività di ciascuna impresa sono a carico dell’impresa che, in sede di verifica dell’anomalia delle offerte, è tenuta a dimostrare la loro congruità rispetto a quelli desumibili dai prezzari o dal mercato. I costi della sicurezza necessari a eliminare o ridurre al minimo i rischi da interferenze vanno tenuti distinti dall’importo a base d’asta, né sono soggetti a ribasso. Tali costi, già quantificati dalla stazione appaltante, nella fase di verifica dell’anomalia, non sono sottoposti ad alcun controllo. Infatti, i rischi relativi all’attività di ciascuna impresa sono conosciuti dalla stessa, ma non potrebbero essere ugualmente noti alla stazione appaltante, che ignora “le diverse realtà organizzative delle imprese che si aggiudicheranno il servizio o la fornitura, realtà cui sono strettamente connessi i rischi delle relative attività”.